Descrizione
“Lars e una ragazza tutta sua” (titolo originale “Lars and the Real Girl”) è un film diretto da Greg Gillespie.
Visto per voi.
Le difficoltà a confrontarsi con problematiche che, nonostante la giovane età appaiano consolidate, e la possibilità di un percorso che risvegli creatività, autonomia, e spinta verso al gruppo, sono rappresentate in un film delicato e surreale, “Lars ed una ragazza tuta sua” di Craig Gillespie.
La valutazione di PdB.
Il film mostra quanto le relazioni abbiano le potenzialità non solo di far ammalare in alcuni casi l’individuo, ma anche e soprattutto di curarlo. Ecco quindi la potenzialità sempre più vivida e radicata nel nostro tempo dei gruppi, da quelli di appartenenza a quelli propriamente terapeutici, come luogo di scambio, confronto e cura.
Visione psicologica.
E’ la storia di Lars, un ragazzo di ventisette anni, altrettanto timido e schivo, che vive la propria esistenza, quasi senza lasciare alcuna traccia, fuggendo ogni contatto umano. Le sue giornate scorrono nella loro ripetitività, un allontanamento volontario dalla società. La madre è morta nel momento esatto in cui è venuto alla nascita. Vive in una dependance, accanto alla casa di famiglia, dove abitano il fratello Gus e la moglie Karin, i quali tentano, vanamente, di coinvolgerlo nella vita familiare e nella prospettiva di stare per diventare zio. Ad infrangere la monotonia è Lars stesso, quando si presenta sulla soglia di casa e confessa al fratello e alla cognata il suo fidanzamento. La loro felicità si tramuta in shock davanti a Bianca, la fidanzata, che Lars presenta come una giovane missionaria e che in realtà è una bambola gonfiabile.
I suoi racconti e il suo comportamento vengono presi come un’evidente manifestazione della sua follia. Nonostante questo, quello che accade è che tutta la comunità asseconderà quella che viene percepita come una forma di pazzia, accogliendo Lars e il suo voler portare avanti questa “relazione”, accettando degli aspetti che potrebbero essere definiti come deliranti. Questo contenitore si strutturerà fino al momento in cui il sentirsi accolto a livello comunitario, gruppale, permetterà a Lars di decidere autonomamente di smettere il sintomo, e di far morire la sua “ragazza”, per iniziare a frequentarne una reale, da cui era già da tempo attratto ma con cui gli sembrava impossibile poter entrare in relazione a causa della sua timidezza.
Quello a cui si assiste è la crescita, anche in senso figurato, della famiglia di Lars, da trittico problematico a una pluralità confortante. Grazie a questo sintomo quasi delirante che Lars presenta, potrà accedere ad un’ottica comunitaria, che gli permetterà sia di smettere il sintomo, che elaborare il trauma, la perdita della madre e della funzione materna, che aveva condotto ad una modalità comportamentale di grande riservatezza e di scarso contatto umano. L’improvvisa necessità di Lars di presentare questa ragazza, costruendo una storia “come se”, richiama in fondo il “fantasticare” che talvolta consente a lungo l’appagamento di bisogni, che tuttavia in questo modo non possono trovare realizzazione nella vita reale, fino quasi ad essere negati. In questo la dimensione del gruppo e l’incontro con l’altro da sè, cosi come accade a Lars, consente la possibilità di pensarsi, sia a livello intrasoggettivo, che intersoggettivo, all’interno di una rete di relazioni.
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