“Inside out”, ovvero: Come ti spiego le emozioni
Per Inside out basta una parola: bello. Per essere più specifici: Inside out è davvero molto molto bello. E fin qui non ci discostiamo di molto dalle recensioni che si leggo qua e là sul web. Per questo andremo oltre.
Sono andato a vedere Inside out ieri sera e, dato il trailer uscito ben 9 mesi fa (data che compare su YouTube), nonché i numerosi commenti positivi, le aspettative erano alle stelle e questo talvolta è un male, poiché quanto più “alte” sono le aspettative, tanto più amara ed avvilente potrebbe essere un’eventuale delusione.
Il film invece incolla fin da subito allo schermo e restituisce con un’estrema semplicità e con colori accesi, anni di studio della psicologia umana. I meccanismi della memoria e della loro associazione con un’emozione vengono rappresentati con una naturalezza disarmante, benché estremamente efficace.
La possibilità che un ricordo possa essere contaminato da una o dall’altra emozione è un dato noto, ma il modo con cui tutto ciò è stato tradotto dalla Pixar è davvero brillante.
Certo qualche piccola critica potrebbe essere mossa, ma d’altronde rappresentare costrutti come la “personalità”, è tutt’altro che cosa semplice e la soluzione che quelli della Disney hanno trovato, merita davvero un plauso (non sveleremo qui quale).
Stessa cosa dicasi per la fantasia (o le fantasie) infantili, l’amico immaginario, la valle dei ricordi persi, il treno dei pensieri, fino ai sogni e alla loro fantastica rappresentazione stile Studios televisivi.
Poi ci sono i protagonisti, i cinque personaggi colorati che rappresentano le emozioni e che si avvicendano – non senza combinare pasticci – alla console deputata al controllo generale della ragazzina undicenne. Anche qui le scoperte non saranno poche e – finalmente – si comprenderà come anche la noiosa e pigra tristezza abbia una funzione importantissima nella crescita e nella strutturazione della personalità, anche se questo implicherà notevoli sofferenze, per tutti.
Il tutto è condito con sagace ironia, obiettivamente poco americaneggiante rispetto allo standard Disney degli ultimi anni, un ritmo incalzante e che tiene letteralmente ancorati alle sedie del cinema.
Per certi versi il film mi ha ricordato gli (ormai antichi) masterpiece(s) disneyani in cui la fantasia veramente non ha limiti, come “Alice nel Paese delle Meraviglie”, in cui in ogni scena si incontrano personaggi fantastici, ma con una loro logica ed una propria motivazione di esistere.
“Inside out” è proprio così, potremmo dire “fantasticamente vero” (o “veramente fantastico”) e non manca la lacrimuccia. D’altronde si parla di emozioni…