Troppo stress legato al lavoro? Preveniamo la sindrome del Burnout.

“THE SEEDS OF BURNOUT ARE CONTAINED IN THE ASSUMPTION THAT THE REAL WORLD WILL BE IN HARMONY WITH ONE’S IDEALISTIC DREAMS”.

( “Il seme del  burnout  è contenuto nel presupposto che il mondo reale si armonizzerà con  i  propri idealistici sogni” )

                                                     Edelwich e Brodsky

Il termine inglese “burnout” può essere tradotto letteralmente in “bruciato”, “fuso” e indica una condizione di esaurimento emotivo derivante dallo stress dovuto alla situazione di lavoro e a fattori della sfera personale e ambientale. 

L’espressione “burnout” comincia ad essere usata negli anni 30, nell’ambito della medicina e della psicologia dello sport, in riferimento a quegli atleti che dopo alcuni successi, a causa dello stress da competizione e degli allenamenti troppo pesanti, andavano incontro ad una diminuzione delle prestazioni. Parlare di un soggetto in burnout significava allora riferirsi ad un atleta che “si era esaurito”, “si era bruciato”, “aveva esaurito le sue risorse” e non era più in grado di fornire performance agonistiche adeguate.

E’ soltanto nel 1947 che Herbert J. Freudenberger descrive invece il burnout come “un quadro sintomatologico individuato in operatori particolarmente esposti agli stress di un rapporto diretto e continuativo con un’utenza fortemente disagiata”. Il concetto viene esteso anche a quei soggetti che per ragioni personali, percepiscono un alto grado di coinvolgimento, come gli operatori sanitari e altre figure che svolgono professioni che implicano una forte responsabilità.

Tra i primi psicologi che hanno esplorato il fenomeno del burnout vi è sicuramente Christina Maslach, che è considerata uno dei massimi esperti del campo: il suo modello è il più citato in letteratura.

Maslach definisce il burnout come “una reazione ad uno stress lavorativo cronico”, una sindrome caratterizzata da tre componenti:

  • esaurimento emotivo e fisico. Esso consiste nella sensazione di essere svuotati, logorati, inariditi; è uno stato soggettivo di malessere sperimentato a seguito di un sovraccarico lavorativo legato non tanto alle mansioni da svolgere quanto alla tensione emotiva che si genera nella relazione d’aiuto;
  • la “depersonalization”, o “depersonalizzazione”, che si manifesta nell’atteggiamento distaccato, cinico, freddo, che l’operatore assume nei confronti dell’utente;
  • la diminuita attività lavorativa del soggetto che comporta in quest’ultimo una ridotta realizzazione personale, cioè un’autovalutazione cognitiva negativa del proprio operato e di sé stesso che sollecita un senso di mancata efficacia e di ridotta competenza professionale.

Secondo l’autrice, i soggetti in burnout molto spesso tendono a colpevolizzare se stessi mentre dovrebbero individuare le situazioni esterne e le  fonti di stress e deviare verso di esse il biasimo che provano nei propri confronti. Le cause istituzionali devono essere tenute in giusto conto, anche se indubbiamente anche la personalità riveste un certo ruolo nella sindrome del burnout.

Quali sono le conseguenze del burnout?

L’esaurimento emotivo e gli altri sintomi tipici del burnout sono in grado di influenzare ampiamente la vita degli individui: possono causare un deterioramento del benessere fisico e psichico e  provocare ripercussioni nelle relazioni con gli altri, sia sul lavoro che fuori.

La stanchezza deriva dalla tensione, che rende l’individuo incapace di rilassarsi e riposarsi a sufficienza. L’insonnia, come si è già sottolineato,  diventa una delle più serie conseguenze a cui porta questa incapacità di rilassarsi. Inoltre la stanchezza e la tensione cronica possono rendere più suscettibili alla malattia. Maslach (1981) sostiene che il peggioramento della salute è spesso reso più acuto dalla cattiva alimentazione: alle persone sotto pressione capita abitualmente di saltare i pasti, mangiare di corsa, impiegare l’intervallo per il pranzo svolgendo del lavoro arretrato. In alcuni di questi individui si sviluppano sintomi psicosomatici: sono frequenti le ulcere e i problemi al collo e alla schiena.

Il fattore forse più evidente consiste nel cambiamento della persona nell’ambito lavorativo. La motivazione diventa minima, la frustrazione cresce sempre più, e predomina un atteggiamento di non partecipazione.

Il burnout può danneggiare anche la vita privata. Il cinismo e l’esaurimento emotivo possono derivare completamente dall’ambiente lavorativo ma molto spesso queste caratteristiche vengono percepite anche dai famigliari e dagli amici. Le liti e le incomprensioni diventano sempre più frequenti, soprattutto quando gli individui rinunciano a parlare con le persone a loro vicine dei problemi legati al proprio lavoro. Tale rifiuto alla comunicazione viene spesso giustificato  dall’intenzione di proteggere la famiglia, evitando di metterla a conoscenza delle spiacevoli realtà della propria professione. In realtà molto spesso si tenta di proteggere sé stessi dalla possibilità di rivivere gli eventi della giornata e i sentimenti da essi suscitati.

 

Come è possibile prevenire e gestire il burnout?

Christina Maslach sottolinea che non esistono soluzioni al problema facili ed immediate. Ciascun procedimento deve essere adattato alla situazione specifica del singolo operatore.

Le tecniche di gestione del burnout operano a vari livelli: individuale, sociale ed istituzionale.

E’ importante, ad esempio, lavorare meglio, anziché di più. Una reazione comune delle persone soprafatte dal lavoro è infatti quella di adoperarsi sempre di più, per cercare di mettersi al passo e di recuperare il controllo sugli eventi. Tuttavia ciò alimenta lo stress anziché alleviarlo. Una soluzione adeguata consiste nell’effettuare cambiamenti nel modo di gestire i propri compiti, riducendo così la tensione e migliorando la propria  efficienza.

Risulta fondamentale anche la capacità di stabilire degli obiettivi realistici. Perché un ideale non diventi  fonte di frustrazione deve essere accompagnato da obiettivi minori concreti, che siano possibili da realizzare.

Anche fare la stessa cosa in modo diverso, può rivelarsi molto utile. L’installarsi del burnout è più probabile quando un operatore si sente impotente, “intrappolato” ed inefficace. Scegliendo di fare le cose diversamente e variando la routine di lavoro, si potrà esercitare  un maggior controllo sul lavoro stesso. L’operatore sperimenterà un maggior senso di autonomia e di libertà personale, anche se  i compiti da svolgere saranno sostanzialmente gli stessi.

Lo stress derivante dal lavoro con la gente può essere ridotto prevedendo delle pause o dei periodi di riposo. Queste interruzioni consentono di rilassarsi e di prendere una sufficiente distanza psicologica dai problemi.

Esistono vari tipi di pause, ad esempio, si può inserire un breve intervallo nel contatto con la gente, evitando di dedicarsi senza alcuna sosta ad un utente dopo l’altro. Maslach sostiene inoltre che anche gli intervalli ufficiali dal lavoro, come quello per il caffè e per il pranzo, possono costituire un’opportunità ideale  per ricaricars.

E’ inoltre importante avere cura di se stessi, oltre che degli altri. Per prendersi cura di se stessi è indispensabile conoscersi: la capacità di introspezione e di auto-comprensione è fondamentale per poter gestire il burnout. Individuare i punti di forza  è necessario quanto l’esser consapevole delle proprie debolezze.

Anche il riposo e rilassamento hanno un ruolo essenziale: le persone sottoposte a stress cronico manifestano una serie di sintomi fisici che comprendono la tensione muscolare e l’aumento della pressione sanguinea. Si possono ridurre questi rischi per la salute imparando il modo per rilassarsi, sia fisicamente che mentalmente. Le tecniche di rilassamento sono spesso il nucleo di vari programmi di gestione per lo stress.

E’importante però riuscire a “tracciare i confini”, mantenendo ben separate la vita privata e le preoccupazioni professionali; per evitare di nuocere alle relazioni con familiari ed amici e’ necessario lasciare alle spalle la tensione e lo stress emozionale del proprio impiego. Il successo nelle relazioni personali può essere un antidoto efficace ai sentimenti di frustrazione o di fallimento nei contatti professionali.

A cura della dott.ssa Maria Monica Ratti

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Bibliografia:

  • Freudenberger H. J.,1984.Burnout and job dissatisfaction: impact on the family. Family Therapy Collections, 10, pp.94-105.
  • Gabassi P.G., Mazzon M.,1995. Burnout: 1974-1994. Ventenni di ricerche sullo stress degli operatori socio-sanitari. Franco Angeli
  • Maslach C., 1978b. Job burnout: how people cope. Public Welfare, 36(2),pp. 56-58.
  • Maslach C., Jackson S E., 1981. The measurement of experienced burnout. Journal of Occupational  Behaviour, 2, pp. 99-113.
  • Maslach C., Burnout: the cost of caring, Prentice Hall, Englewood Cliffs, New York
  • Maslach C., Jackson S E., 1985. The role of sex and family variables in burnout. Sex Roles, 12(7-8), pp. 837-851
  • Maslach C., 1992. La sindrome del burnout, il prezzo dell’aiuto agli altri. Psicoguide, Cittadella editrice