Finché c’è vita c’è… ansia!
“Ho l’ansia!”; “Mamma che ansia!”; “Oddio, se ci penso mi viene un’ansia!”
Quante volte sentiamo dire queste frasi dalle persone che ci circondano? Tante! Forse troppe! Ecco, forse è il caso di dare un volto a questa fantomatica ansia.
Cos’è l’ansia?
Iniziamo con il dire che è una reazione fisiologica che si attiva in automatico di fronte a tutto ciò che una persona interpreta come pericoloso e/o minaccioso.
Normalmente la minaccia viene percepita dai nostri cinque sensi, che inviano l’informazione al cervello che, a sua volta, riconoscendo l’emozione della paura rilascia nel sangue alcune sostanze per preparare il corpo a reagire!
Nel corso della nostra evoluzione questo meccanismo ci è servito per far fronte ai pericoli della natura.
Nella società moderna è sempre meno necessario sopravvivere, ad esempio, all’attacco di un animale selvaggio (per quanto il nostro capo o il professore all’esame ci possano sembrare delle bestie feroci)!
Oggi, proviamo più frequentemente ansia di fronte ad altri pericoli fisici (essere investiti) o di tipo sociale e psicologico (timore di un esame, di fare brutta figura, affrontare il nostro capo, fare un colloquio di lavoro, ecc.)
Quando l’ansia diventa patologica?
L’ansia è uno dei meccanismi più protettivi per la specie umana, ma oggi è spesso vissuta come un ostacolo verso il raggiungimento dei propri obiettivi.
L’ansia eccessiva finisce per compromettere la prestazione professionale e relazionale: la persona si concentra sulle reazioni del proprio corpo (come la sudorazione, il tremolio, la tachicardia e vertigini/capogiri) e sui pensieri negativi ricorrenti (“oddio cosa staranno pensando di me”; “ecco ora mi sentirò male”) e così aumenta la probabilità di sbagliare e, in certi casi, di evitare alcune situazioni, come tentativo di gestire (o quindi non affrontare) le preoccupazioni.
Questo innesca un circolo vizioso!
L’ansia si definisce patologica quando, da risorsa per fronteggiare e difendersi dalle situazioni, si trasforma in ostacolo, aumentando di intensità e frequenza e impedendo di vivere serenamente la propria quotidianità!
Come ci mostra la legge di Yerkes e Dodson (1908), un giusto grado di ansia (quindi non eccessivo) ci permette di essere più performanti rispetto a quando siamo tranquilli. Tuttavia, ahimè, spesso l’ansia passa dai suoi aspetti adattivi (e utili) ad altri non adattivi (disfunzionali).
Come si cura l’ansia eccessiva?
Nella terapia cognitivo-comportamentale il trattamento dell’ansia comporta la riduzione del sintomo (attenzione lo scopo non è eliminare del tutto l’ansia, in certi casi ci è utile!) e successivamente il raggiungimento di un adeguato adattamento all’ambiente utilizzando tecniche comportamentali e tecniche di ristrutturazione cognitiva (che pensieri ci sono “sotto” la mia ansia?) (Bracconnier, 2003).
Bibliografia:
- Yerkes RM, Dodson JD (1908). Journal of Comparative Neurology and Psychology 18: 459–482. doi: 10.1002/cne.920180503.
- Braconnier A., Piccoli o grandi ansiosi? Come trasformare l’ansia in una forza, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2003.