Le vacanze: un momento di separazione importante, ma difficile.
Anche lo psicologo, come tutte le altre persone, sospende il proprio lavoro per un periodo più o meno lungo in occasione delle vacanze estive. Tale periodo di vacanza, però, viene spesso percepito dai pazienti come un momento di abbandono, talvolta anche difficile da tollerare.
“Cara signora, come sa questa è l’ultima seduta prima delle vacanze estive. Ci vedremo quindi a settembre”: un’affermazione apparentemente normale, dato che tutti andiamo in vacanza. Tuttavia tale comunicazione può essere recepita come un vero e proprio abbandono -indipendentemente dalla durata della separazione- dalla persona che la riceve, soprattutto se si tratta di una paziente.
Il rapporto che si instaura con il proprio psicologo è una relazione molto particolare, dato che proprio il terapeuta è il custode delle proprie sofferenze, oltre che dei propri segreti. Lo psicologo diviene per il paziente una figura significativa della propria vita, come fosse un familiare, in alcuni casi anche meglio dei familiari poiché una figura costantemente presente e –cosa ancor più importante- non giudicante.
Forse è proprio questo che rende la separazione difficile, anche se tale distacco è momentaneo come nel caso delle vacanze estive. Molto spesso capita che in tale periodo i pazienti “abusino” dell’eventuale numero di telefono del proprio terapeuta, inviando sms o cercando anche un contatto telefonico, quasi ad voler annullare le distanze e fare in un certo senso finta che il distacco non esista.
La separazione è quindi un momento negativo all’interno della terapia o del percorso psicologico?
Il grande rischio insito in una psicoterapia (più che nel percorso psicologico) è dato dall’instaurarsi di una certa dipendenza dal proprio terapeuta; soprattutto nella psicoterapia poiché la durata di tale percorso spesso si protrae per diversi anni. Mentre nei primi periodi della terapia la dipendenza è un fattore decisamente positivo perché permette al paziente di non sentirsi solo nel percorso di cura condividendo le proprie responsabilità con il terapeuta, con l’andare del tempo può –in un certo senso- bloccare il paziente, non facendolo sentire parte attiva nel processo di guarigione. Questo è quanto avviene in quelle analisi definibili come “interminabili”, in cui la separazione dall’analista (poiché trattasi spesso di psicoterapie di stampo analitico) equivale ad un abbandono, un vero e proprio lutto.
Una separazione temporanea, come quella dettata dal periodo estivo, non solo costituisce un momento di recupero e di riposo per il terapeuta, ma diviene una possibilità per il paziente per mettere in pratica quanto affrontato in terapia, per continuare –se così si può dire- il lavoro iniziato con lo psicologo, in autonomia. Il vantaggio rispetto ad una separazione definitiva (ossia alla conclusione del percorso o della terapia) sta nella certezza di poter rivedere il proprio terapeuta al termine delle vacanze. Il periodo estivo può in taluni casi (soprattutto se il percorso o la terapia sono comunque arrivati in prossimità di una soluzione) essere invece terapeutico, fungendo da “prova generale” in cui mettersi alla prova.