L’Emergenza Bullismo.

Il fenomeno, sempre più diffuso in ambito scolastico, è purtroppo di costante attualità. Come si identifica, in cosa consiste e, soprattutto, come contrastarlo? Vediamo intanto di fare chiarezza.

La violenza tra pari nel contesto scolastico è un fenomeno sempre più diffuso che coinvolge ragazzi di diverse fasce d’età e preoccupa gli insegnanti, gli psicologi  e le famiglie.

Negli ultimi anni si è registrato una crescente interesse nei confronti del fenomeno del bullismo tra  i bambini e gli adolescenti in ambito scolastico. La popolarità sempre più in aumento dei social network e la facilità con cui vengono condivisi filmati on line ha messo in luce la criticità e la frequenza sempre più rilevante di episodi di bullismo, che oggi  non vedono come protagonisti esclusivamente  il “bullo” e “la vittima”, ma il gruppo di pari, osservatore, talvolta silente, altre volte addirittura incitante.

Ma proviamo  a fare chiarezza… Qual è il confine tra offese, litigi tra coetanei e violenza? Cosa si intende davvero per bullismo?

Si parla di bullismo in riferimento a tutte le forme di  violenza fisica o mentale agita dall’individuo  nei confronti di un’altra persona che non è in grado di difendersi ( Rolande e Idsoe, 2001). Le caratteristiche principali del fenomeno del bullismo sono:

  • l‘intenzionalità, perché chi lo mette in atto mira deliberatamente e consapevolmente a ferire, offendere, arrecare danno o disagio al soggetto che lo subisce;
  • la persistenza nel tempo e la reiterazione dei comportamenti, non  si tratta cioè di un atto isolato;
  • l’asimmetria relazionale e lo squilibrio di potere, dal momento che il bullo è dotato  di maggiore forza fisica e/o psicologica rispetto alla vittima.

Non si verificano fenomeni di bullismo nel caso in cui sia in atto un conflitto tra soggetti di uguale o simile forza.

Quando le manifestazioni comportamentali di uno o più soggetti non soddisfano queste caratteristiche non è corretto utilizzare il termine “bullismo”, anche se spesso esso viene utilizzato in situazioni che si configurano come atti di vandalismo, atti  delinquenziali, aggressioni sporadiche, lotta o litigi tra due o più compagni.

Il bullismo veniva tradizionalmente associato al sesso maschile, mentre in realtà  sempre più diffuse sono le esperienze che riferiscono una significativa frequenza di questi episodi anche nei gruppi femminili. In questo caso si riscontrano modalità talvolta meno evidenti e osservabili, ma non per questo meno aggressive nei confronti delle vittime.

Per poter parlare di bullismo è necessario che si verifichi un episodio di natura fisica?

Non necessariamente, anzi le forme meno evidenti sono talvolta quelle più difficili da portare alla luce e generano di frequente un maggiore isolamento. 

Le manifestazione di bullismo possono essere raggruppate in due categorie  (Smith e Sharp,1994):

  • bullismo diretto, cioè manifestazione di prevaricazioni più aperte ed oggettivabili sia di tipo fisico (percosse, spintoni, calci o pugni) sia di tipo verbale (insulti, offese, minacce)
  • bullismo indiretto o relazione, cioè manifestazioni più nascoste e sottili, spesso di difficile rilevazione, che hanno lo scopo di distruggere legami  amicali dei soggetti (esclusione dal gruppo dei pari, comportamenti diffamatori e diffusione di calunnie sulla vittima).

In Italia si è riscontrato che la prevaricazione diretta di tipo fisico rivolto contro la persona o la proprietà, è diffusa maggiormente nelle scuole elementari. Nelle scuole secondarie inferiori invece aumenta il bullismo indiretto.

O’Moore e Kirkham (2001) hanno verificato che sia le vittime che i bulli si caratterizzano  per bassi livelli di autostima, condizione che si rafforza secondo  le  condotte aggressive vengono agite o subite piuttosto frequentemente.

Salmivalli (1998) riscontra che i bulli, sebbene posseggano una visione positiva relativa  alla loro prestanza fisica  e alla loro popolarità, hanno una   visione negativa di se stessi relativamente ad aspetti scolastici,  comportamentali ed emotivi.

Ciò che maggiormente manca ai bulli  è  la capacità  empatica o, in altre parole, di comprendere le emozioni che l’altra persona prova a causa dei propri comportamenti ed empatizzare con le emozioni  e i sentimenti degli altri.

Cosa si può fare se un insegnante o un genitore si accorge che un ragazzo è vittima di bullismo?

Anzitutto è fondamentale che il ragazzo senta la possibilità di esplicitare e condividere le sue emozioni e i suoi vissuti, fino ad arrivare ad una piena narrazione degli eventi. Molto spesso infatti l’imbarazzo, il senso di inadeguatezza, la paura e la vergogna, rendono difficile la possibilità di svelare quello che viene vissuto come un doloroso segreto.

La possibilità di parlarne indica di solito l’aver raggiunto una soglia in cui si sente di non poter affrontare da solo la situazione, e quindi và sostenuta e incoraggiata  la possibilità di condividere e di fare qualcosa affinché una dinamica che appare immodificabile venga spezzata.

In questo lo stretto contatto tra insegnante e genitore diviene fondamentale. La scuola diviene il contesto in cui è possibile lavorare su ciò che ha creato il problema, sciogliendo i nodi conflittuali in molti casi  già da tempo presenti.

L’intervento non dovrebbe riguardare  esclusivamente il caso specifico, né solo il bullo e la vittima.In primo luogo perché i protagonisti sono molteplici, e vanno ad esempio dal sostenitore del bullo, il difensore della vittima, e l’estraneo, che si sottrae ad ogni responsabilità.Il gruppo ha decisamente un notevole impatto sul comportamento dei singoli. Un intervento individuale, ad esempio sul bullo, rischia di essere non permanente e temporaneo, per via dell’influenza che il gruppo continuerebbe a mantenere.

Parlare di queste tematiche, conoscerle, confrontarsi, aiuta i ragazzi a vedere gli aspetti di similitudine, le insicurezze a volte simili che si esplicitano in atteggiamenti opposti, la possibilità di uno scambio più libero di quello che impongono rigidi ruoli.

Ecco allora che risolvere problematiche di bullismo permette di avere accesso, conoscere e toccare un disagio e una sofferenza talvolta più profonda, che spesso non riguarda solo le vittime.

A cura della dott.ssa Maria Monica Ratti

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Bibliografia:

  • Gini G. (2006), Bullyng as social process: the role of the group membership in student’s perception of inter group aggression at school. Journal Sc Psychol, 44, 51- 65
  • O’ Moore M., Kirkham C. (2001), Self- esteem and its relationship to Bullying Behaviour. Aggressive behavior, 27, 269-283
  • Salmivalli C. (1998), Intelligent, attractive, well-behaving, un-happy: structureof adolescents’ self- concept and it’s relations to their social behavior. Journal of Research in Adolescence , 8, 333-354
  • Salmivalli C. Nieminem E. (2002), Proactive and reactive aggression in bullies, victims and bully- victims. Aggressive Behaviuor, 28, 30-44