Il cervello innamorato: Pensavo fosse amore e invece… era ossitocina!
L’amore romantico è uno dei più grandi misteri del genere umano. Filosofi, poeti, scrittori e altri addetti ai lavori, ma non solo, si interrogano da centinaia di anni sulla natura di questo complesso sentimento. Nonostante sia difficile da definire e non si sappia bene come e perché avvenga , più o meno tutti sappiamo cosa vuol dire essere innamorati. Sebbene espressioni quali “sento le farfalle nello stomaco” o “ho il cuore a mille” ci portino a pensare che il cuore sia la sede dell’amore, la neurobiologia e le neuroscienze stanno dimostrando che in realtà è il cervello la dimora di questo nobile sentimento. Ma cosa avviene nel nostro cervello quando ci innamoriamo?
ATTENZIONE! Si sconsiglia di continuare la lettura agli innamorati dell’amore, potrebbe non rimanere più un mistero e comprare una scatola di cioccolatini o dei fiori all’amato/a il giorno di San Valentino potrebbe non avere più lo stesso fascino. Continuate quindi a vostro rischio e pericolo.
L’amore, come altre emozioni, è mediato da diverse molecole, chiamate anche fattori endocrini, che svolgono la funzione di messaggeri, permettendo ad aree diverse del nostro cervello, ma anche al nostro corpo, di comunicare. La dopamina e il sistema cerebrale coinvolto nella sua produzione, che comprende aree quali il nucleus accumbens, l’amigdala e l’ippocampo, è altamente attivato da esperienze appaganti, come per esempio fare l’amore. Questo neurotrasmettitore interagisce con altre molecole, tra cui la vasopressina e l’ossitocina, che sono invece coinvolte nel riconoscimento di segnali sociali.
L’identificazione di un potenziale partner amoroso non è in realtà del tutto casuale, ma condizionata da queste sostanze e aree cerebrali che si attiverebbero durante il monitoraggio dei possibili partner, condizionandone la scelta (Lieberwirth et al., 2014). Basti pensare che le aree dopaminergiche sono altamente attivate nell’uomo durante la fase di corteggiamento (O’connell et al., 2011). Un aumento di dopamina è associato a una riduzione di un altro neurotrasmettitore, la serotonina. Alcuni studi hanno mostrato come le prime fasi dell’innamoramento sono associate a una riduzione di questa molecola. Questo fenomeno è comune ad alcuni disturbi quali in disturbo ossessivo compulsivo, la depressione e i disturbi d’ansia, ma del resto le prime fasi dell’amore non sono caratterizzate da stati di ansia, insicurezza, euforia e dal pensiero costante dell’amato/a (de Boer qet al., 2012). Abbiamo finora preso in esame due neuro-trasmettitori altamente connessi alle prime fasi dell’amore, ma cosa tiene insieme una coppia nel tempo? Il feeling, la sincerità, la comunicazione, il condividere interessi? Secondo alcuni neuroscienziati un significativo apporto lo fa l’ossitocina. Questa sostanza viene prodotta dall’ipotalamo e immagazzinata per essere rilasciata nel sangue. Fattori che scatenano il suo rilascio sono per esempio il parto e l’allattamento. Risulta evidente come questo peptide sia importante nel mantenere una relazione di legame e accudimento, per esempio verso i figli. Un altro evento che scatena un rilascio massiccio di ossitocina è l’orgasmo. Infatti fare molto sesso non è solo la conseguenza di una buona affinità di coppia, ma lo stesso farlo potrebbe aumentare l’unione e la solidità del legame, attraverso una continua produzione di questa sostanza. Per esempio, uno studio recente mostra come l’ossitocina faciliti i legami amorosi negli uomini rendendo le proprie partner più attraenti rispetto alle altre donne (Scheele et al., 2013).
In realtà potremmo dire che questi studi non deprivano l’amore romantico della sua poesia, ma forse ne avvalorano la solidità, mostrandoci come i nostri sentimenti abbiano una radice così profonda da modificare e influenzare il nostro cervello.