Il rapporto fra Personalità e Sostanze.
Le sostanze psicoattive pervadono a più livelli il contesto sociale e la tradizione culturale in cui viviamo, indipendentemente dalle considerazioni di tipo legale, morale o personale che permeano i dibattiti e i punti di vista su questo complesso e sempre attuale argomento.
La domanda che molto spesso ci si pone è che cosa determina il tipo di rapporto che ogni persona sviluppa con le sostanze psicoattive, ovvero: premesso che ognuno di noi ha fatto esperienza almeno una volta dell’intossicazione acuta di diversi tipi di sostanze (basti pensare ad alcol, nicotina o farmaci), cosa fa si che alcuni sviluppino comportamenti di abuso, altri rapporti di dipendenza, e altri di completa astinenza da una o più sostanze psicoattive? E ancora: perché un individuo instaura un rapporto di un certo tipo con una determinata sostanza psicoattiva e di un altro tipo con un’altra? Oppure: perché alcune persone abusano o sono dipendenti da più sostanze psicoattive (i cosiddetti poli-abusatori)?
Questi e altri interrogativi sollevano una questione molto complessa, per cui è necessario considerare molteplici variabili di tipo biologico, farmacologico, psicologico, sociologico; in questa sede tenteremo di fornire alcuni elementi scientificamente fondati che consentano di fare luce almeno su alcuni di questi elementi, senza alcuna pretesa di esaustività.
Il tipo di rapporto che ogni individuo sviluppa con le sostanze psicoattive è strettamente legato alle esigenze, alle attese e alle aspirazioni personali di ognuno rispetto a ciò che può ottenere dall’effetto della sostanza stessa. Ovvero, le conseguenze dell’intossicazione con ogni diversa tipologia di sostanza psicoattiva consistono in una sintomatologia particolare, specifica, che risponde in modo preciso e immediato ai bisogni e alle aspettative di chi la utilizza. Potremmo dire che tali aspettative e bisogni sono correlate ai tratti distintivi della personalità di ciascun individuo, e costituiscono un’espressione delle sue caratteristiche psicologiche, della sua storia personale, delle sue esperienze interpersonali, delle sue vulnerabilità.
Solo per fare qualche esempio, una sostanza psicoattiva può alterare lo stato di coscienza, modificare la percezione, influire sulle relazioni con gli altri, annullare le emozioni negative e amplificare quelle positive. Alla luce delle precedenti considerazioni, appare quindi evidente che la tipologia, il dosaggio, la frequenza e le conseguenze dell’utilizzo dipendono dalle risposte che una data sostanza psicoattiva fornisce ai bisogni di una persona.
In effetti, una persona assume una sostanza per ottenere un effetto positivo sotto qualche punto di vista: il rapporto diviene problematico (abuso, dipendenza) quando la sostanza diventa la maniera principale, se non l’unica, di gestire uno o più aspetti di sé. In altri termini, per utilizzare un’analogia semplice ma significativa, un individuo prende dall’esterno, in modo artificiale, qualcosa di cui sente la mancanza interiormente, e di cui non può fare a meno.
Esistono diversi criteri per classificare le sostanze psicoattive, a seconda degli autori e delle discipline prese in esame: ad esempio in base agli effetti farmacologici sul sistema nervoso centrale, alla struttura chimica, agli effetti psicologici e comportamentali, alle tabelle legali. Tuttavia, riteniamo fondamentale considerare in modo particolare gli effetti sulla sfera emotiva di una persona, in quanto essi costituiscono la motivazione principale, anche se spesso inconsapevole, dietro al rapporto problematico con una sostanza psicoattiva. Si potrebbe pensare alla questione immaginando che quando una persona assume una sostanza in realtà stia fumando, bevendo, inalando o iniettando uno stato mentale o un’emozione positivi: la sostanza psicoattiva funge così da “stampella emotiva” per il vissuto della persona che la utilizza.