Le paure che si dimenticano.
Sarà il “magico” meccanismo della rimozione, fatto sta che spesso si osserva come alcune paure abbiano una durata se non breve, almeno delimitata nel tempo.
I cosiddetti “allarmi” divulgati in primis dai media scatenano prima il panico generale, per poi finire –come si suole dire- “in sordina”. Ciò è un bene o un male? Dipende con tutta probabilità dal tipo di allarme e dalla sua reale cessazione.
11 settembre 2001, una data che certamente rimarrà scolpita nella storia e nella mente di molti, come impresse rimarranno le immagini trasmesse in diretta su tutto il globo di aerei che entrano nelle Torri Gemelle di New York, facendole infine crollare. In seguito a quella serie di attentati terribili, l’umanità intera venne sconvolta e si iniziò a parlare –universalmente- di “allarme terrorismo”. Di lì a poco si intensificarono i controllo, le tecnologie svilupparono nuovi sistemi in grado di analizzare sostanze volatili in potenzialmente dannose, negli aeroporti questi ed altri strumenti vennero impiegati per “spogliare” letteralmente ogni passeggero, alla ricerca del potenziale “mostro” attentatore. Questo è uno dei –forse- più eclatanti e recenti esempi di forte allarme provocato (giustamente) che, tuttavia, a soli 10 anni dalla tragedia, pare essersi ridotto, affievolito. Certamente permangono le attività di intelligence e ogni tanto ci giunge notizia della scoperta di questa o quella cellula terroristica, ma la popolazione non appare più sconvolta come nei primi tempi successivi alla sciagura.
Questo fenomeno –che solitamente viene “contrastato” erigendo memoriali o gridando “per non dimenticare”- può essere definibile come “rimozione”, ossia una sorta di spostamento nel dimenticatoio delle nostre menti, affinché si possa andare oltre, relegando il dolore e la paura che inizialmente ci impedivano il normale svolgimento delle nostre attività. Si tratta quindi di un meccanismo del tutto normale o, per meglio dire, funzionale o adattivo. Probabilmente in sua assenza le persone più direttamente colpite dalla sciagura dell’11 settembre (pensiamo ai cittadini di Manhattan, NYC) non sarebbero riuscite ad uscire di casa, andare al lavoro, e quant’altro per il timore di un ulteriore attacco terroristico.Tuttavia se nell’esempio delle Torri Gemelle il meccanismo della rimozione –come detto- può essere definito “adattivo” e quindi funzionale alla sopravvivenza, tale meccanismo può non essere altrettanto utile in altre circostanze.
Il 5 giugno 1981 veniva redatto ad Atlanta (USA) il primo rapporto su un caso di Sindrome di Immunodeficienza Acquisita (AIDS). Negli anni ’80 questa sigla unitamente a quella dell’HIV (Virus dell’Immunodeficienza Umana) ha –tristemente- troneggiato su diverse riviste, spopolando nei vari talk show e venendo divulgata in tutto il mondo grazie ai media, che ne hanno fatto il cosiddetto “fenomeno mediatico”. Trenta anni fa non esistevano terapie efficaci e per questo la diffusione mediatica rese possibile un “rapido” incremento della ricerca scientifica che in un certo senso riuscì a trasformare la diagnosi di AIDS da una condanna a morte ad una patologia cronica, incrementando in maniera significativa le aspettative di vita di chi ne era affetto. Ma ancor prima dei risultati delle ricerche molto si disse e si fece (campagne di prevenzione) affinché il fenomeno potesse essere rallentato, soprattutto incentivando comportamenti sessuali più responsabili, adottando idonee misure protettive come il preservativo. Esso nacque diversi anni prima come mero strumento contraccettivo, tuttavia se ne scoprì la sua duplice funzione anche nell’impedire la trasmissione della malattia. All’epoca l’allarmismo dilagò e molti giovani vennero –in un certo senso- iniziati alla sessualità responsabile, fino a quando l’allarme apparve essere rientrato.
Negli ultimi anni, infatti, si assiste ad un incremento dei rapporti non protetti tra i giovanissimi (si veda questo articolo), comportamento questo che fa pensare a come nell’immaginario collettivo l’HIV e l’AIDS non costituiscano più una sincera minaccia alla sopravvivenza non solo dell’individuo, ma anche della specie umana (non dimentichiamoci che tali patologie insieme ad altre infezioni letali come l’Epatite sono sessualmente trasmissibili!).
In questo caso il meccanismo della rimozione appare essere meno funzionale. Dati alla mano: quattromila nuove infezioni da HIV ogni anno in Italia, ciò significa 11 nuovi contagi ogni giorno. Ulteriore allarme: 1 sieropositivo su 4 non sa di esserlo, fatto questo che comporta una maggiore probabilità/ facilità di contagio se associata ad un calo dell’utilizzo del preservativo.Una persona su 180 al mondo convive con l’HIV, per un totale di 34 milioni di persone, il numero di abitanti del Canada. Ogni giorno sulla Terra sono 7400 le nuove infezioni e di queste 1000 a carico di bambini (in questi casi la trasmissione più probabile è da madre infetta a neonato). Un decesso per AIDS ogni 30 secondi.
“Per non dimenticare”.
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