Sesso? Preferisco la pornografia
La crescente disponibilità di materiale pornografico ha portato –in molti uomini- a sviluppare uno strano fenomeno, per il quale l’eccitazione sembra essere prevalente durante la visione di materiale pornografico, mentre poco interesse rimane invece per il rapporto “reale”. Con tutte le ovvie ripercussioni che ciò può avere sul rapporto di coppia.
La pornografia è sempre stata presente e si è costantemente evoluta, andando di pari passo con i progressi tecnologici. Dalla rivista ai cinema “osé”, alle videocassette e ai DVD, fino alla grande rete di Internet. Tralasciando tutte le ripercussioni più prettamente economiche relative alla maggiore disponibilità di materiale pornografico, e alla sua spesso indiscriminata accessibilità anche da parte dei minori, ciò che interessa –almeno in questa sede- è il rapporto tra la pornografia e la sessualità.
In diversi casi il materiale pornografico viene utilizzato quale ausilio alla coppia, favorendo l’eliminazione di alcuni tabù e promuovendo quindi una sessualità più “serena” all’interno della coppia, in altri casi la pornografia appare sostituirsi alla sessualità più propriamente “reale”.
Questo è il caso di molti uomini che riferiscono di riuscire a provare eccitazione principalmente quando esposti a materiale “hard”, ottenendo prestazioni poco soddisfacenti e decisamente meno appaganti quando in compagnia di partner in carne e ossa. Nelle situazioni reali, infatti, non solo l’eccitazione è inferiore, ma anche il piacere provato non appare essere nemmeno paragonabile al piacere provato con la pornografia.
Studi scientifici hanno cercato di trovare una risposta a questo fenomeno, giungendo alla conclusione che quando questo fenomeno accade e non vi sono spiegazioni mediche sufficienti, ossia quando si può escludere che la funzionalità (ad esempio erettile) si inficiata da cause organiche, il problema risieda più nella “testa” rispetto all’area genitale. Situazioni come quelle sopra descritte –quindi- sarebbero imputabili non ad una disfunzione fisica, ma ad un problema psicologico che si ripercuote sulla fisicità della persona.
Una spiegazione che viene fornita al maggior potere della pornografia rispetto alla reale intimità, è data dalla formazione di nuove connessioni cerebrali che rendono la persona meno responsiva al piacere reale e invece più sensibile (o ipersensibile) alla pornografia. Si parla cioè di “desensibilizzazione” (nel primo caso) e di “sensibilizzazione” (nel secondo caso).
Si tratterebbe dunque di modificazioni strutturali del proprio cervello, data –come detto- dalla formazione di nuove connessioni nervose o sinaptiche, in grado di modificare a loro volta dei comportamenti della persona.
Tali modificazioni sono del tutto normali e molto frequenti, sono per così dire alla base dell’evoluzione individuale dell’individuo, sono ciò che permette al bambino di imparare e all’adulto di fare altrettanto. Tuttavia nel caso in esame tale apprendimento potrebbe non risultare del tutto funzionale, poiché i comportamenti di preferenza verso la pornografia decisamente non risultano essere adattivi (comportano –nelle situazioni più estreme- al ritiro dalla vita sociale, dalla vita sessuale e minano decisamente la relazione di coppia, sia essa in essere, in divenire o semplicemente fantasticata).
Ciò che fortunatamente è rassicurante, è il fatto che le modificazioni di cui sopra sono reversibili; e perché tutto possa tornare alla normalità è necessario interrompere le attività masturbatorie associate all’utilizzo di materiale pornografico.
Così facendo si otterrebbe una “desensibilizzazione” dalla pornografia e una “sensibilizzazione” (o “risensibilizzazione”) al sesso reale.
Solo l’interruzione è in grado di riportare le cose alla normalità, benché ciò non protegga da future ricadute. Infatti, ritornando ad un intenso uso della pornografia, si ritorna alla sua sensibilizzazione (e alla conseguente desensibilizzazione del sesso “reale”), riattualizzando quindi la situazione di partenza.
Come si crea la “Dipendenza dalla Pornografia?”
Il passo talvolta è breve. I vantaggi secondari derivanti da una sessualità improntata al solo utilizzo di materiale pornografico possono essere riassunti come segue:
- accesso pressoché immediato e costante a materiale (grazie primariamente ad internet)
- assenza di rifiuto (non essendoci un partner)
- economico (non si tratta di sesso a pagamento)
- sicuro (non si rischia il contagio di malattie)
- l’accesso può anche essere “fugace”, destinato a ritagli di tempo
Questi sono solo alcuni dei motivi che rendono la pornografia decisamente allettante. È importante però sottolineare che questi immediati “vantaggi” divengono con il tempo dei veri e propri “svantaggi”. Spesso infatti si assiste ad un incremento del tempo dedicato alla visione di materiale pornografico, talvolta anche a discapito della vita reale e delle relazioni sociali non virtuali.
La sessualità “a base pornografica” è inoltre molto, troppo sbrigativa, tanto che – nei casi più estremi – si assiste a difficoltà di erezione, anche e soprattutto nel mondo reale. Ciò a fronte del fatto che il confronto con la realtà non solo risulta difficile, ma la realtà stessa – dopo troppo tempo passato in ambito virtuale – appare alfine troppo complicata e, in ultima analisi, deludente.
Questo è quanto può accadere in situazioni estreme che caratterizzano la vera e propria “dipendenza da pornografia”: una dedizione pressoché totale al mondo pornografico, a discapito delle relazioni reali, del lavoro, dei propri interessi, della vita in generale.
Come aiutare chi soffre di “dipendenza da pornografia”?
L’intervento per chi soffre di questo tipo (come di altri tipi) di dipendenza non è semplice. Prerogativa della dipendenza, infatti, è la scarsa consapevolezza – di chi ne soffre – dell’esistenza di un bisogno, della necessità di aiuto. Sono rari i casi in cui i diretti interessati chiedano un aiuto a specialisti o anche ai propri famigliari. Quando questo capita, è perché amici e conoscenti hanno fatto di tutto e di più per “spingere” alla cura, ad una risoluzione del problema.
Proprio questo è il primo importante passo: aiutare la persona sofferente a raggiungere la consapevolezza del proprio disagio (o disturbo). Sottolineare aspetti della vita che non si è potuto vivere perché assorti nella propria dipendenza può essere un punto di partenza, anche se è sempre opportuno non colpevolizzare, ma riportare la realtà. Trasmettere la propria vicinanza, la propria disponibilità all’aiuto ha spesso un impatto positivo, anche se i risultati – nei termini di accettazione di aiuto – non sono sempre immediati. Anzi.
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