La somatizzazione.
Quando la sofferenza emotiva si cela nei sintomi fisici
Ogni condizione stressante comporta un aumento di tensione psichica e l’insorgenza di emozioni, che mettono in discussione il proprio equilibrio e nei confronti delle quali vengono sviluppate molteplici difese . Tali difese hanno la funzione di proteggere dalla sofferenza, ma se esasperate o eccessivamente protratte nel tempo, possono portare a ripercussioni sulla salute e sul corpo, che possono andare da somatizzazioni a vere e proprie condizioni di malattia.
Le capacità di risposta non sono uguali per tutti, ma dipendono da una gamma di fattori, tra cui l’età, l’esperienza, la possibilità di essere sostenuti dal proprio gruppo familiare, che influenzano la capacità mentale e fisica dell’individuo di organizzare una reazione più o meno efficace.
Nella maggior parte dei casi, queste situazioni possono essere affrontate adeguatamente tramite difese comportamentali, strategie di coping o difese psicologiche inconsce più o meno mature e più o meno costose in termini di equilibrio mentale e adattamento all’ambiente, ma che rappresentano la miglior cura che l’individuo è in grado di mettere in campo per fronteggiare il malessere. Tuttavia, quando il disagio non può essere contenuto sul piano mentale, si attivano reazioni difensive più antiche che riguardano sistemi biologici di emergenza sviluppati dalla nostra specie per la protezione del corpo e che possono impegnare l’organismo globalmente o a livello dei singoli organi e apparati. I sintomi corporei, pur essendo correlati alle emozioni, tendono a sostituirvisi e a costituire la difesa migliore che il paziente è in grado di utilizzare contro un male maggiore “la malattia emotiva” (Trombini G., Baldoni F.,1999).
Ma se il sintomo deve essere somatico anziché psichico perché colpisce un apparato piuttosto che un altro?
Nella scelta della localizzazione entrano in gioco fattori diversi:
- Vi può essere un processo di identificazione con un’altra persona
- Alcune parti del corpo possono assumere un particolare significato inconscio
- I sintomi possono assumere la valenza di un linguaggio primitivo simbolico
- Una ferita o una malattia possono costituire un focus intorno al quale si organizza il nuovo sintomo
Tutti questi meccanismi operano in maniera inconscia e fanno sì che i sintomi somatici acquisiscano dei significati che li integrano nel resto della personalità ( Bassi R., 2006).
Le reazioni corporee, anche se avvertite soggettivamente come un sintomo fastidioso, non sono in genere accompagnate da danni fisici, in quanto i processi fisiologici associati agli affetti nello stress psicologico sono tendenzialmente reversibili e di per sé non hanno conseguenze patologiche sui tessuti e gli organi interessati.
Quando possiamo quindi parlare di somatizzazione?
Il termine somatizzazione è ampliamente utilizzato da medici e psicologi per indicare in modo generico una serie di condizioni patologiche nelle quali la sintomatologia fisica è ritenuta espressione di problemi psicologici e dello stress. Secondo una definizione più precisa la somatizzazione è “la tendenza transitoria o persistente a provare e comunicare la sofferenza psicologica sotto forma di sintomi somatici e a cercare aiuto medico per questi”. (Lipowski, 1988).Generalmente non è possibile identificare un’interazione o una lesione organica che spieghi la presenza di questi disturbi che possono interessare parti del corpo, apparati, e funzioni molto differenti tra loro.
La somatizzazione, come categoria diagnostica, risulta vaga e allo stesso tempo restrittiva: da un lato la sua genericità permette di ricorrervi ogni volta che ci si trova di fronte a sintomi fisici inspiegabili, dall’altro non si tiene conto che l’espressione nel corpo delle tensioni emotive è una funzione di base dell’organismi umano che si manifesta continuamente sia in salute che in malattia (Trombini G:, Baldoni F., 1999).
Nel considerare lo stress e la sofferenza psichica occorre distinguere la somatizzazione occasionale da quella persistente. La prima è una condizione di cui tutti possono soffrire in circostanze di sovraccarico emozionale. Nella somatizzazione cronica invece, il paziente non ricerca consigli o rassicurazioni, né un miglioramento dei propri sintomi fisici, ma necessità di una relazione umana all’interno della quale ritenersi ascoltato e capito e chiede che ci si renda conto che malato.
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Quando ci troviamo di fronte a un vero e proprio disturbo di somatizzazione?
Il DSM-V-TR (American Psychiatric Association2000) e l’ICD-10 (World Health Organization, 1992) considerano il disturbo di somatizzazione all’interno dell’ampia categoria dei disturbi somatoformi.
Il DSM –IV-R propone come criteri diagnostici la presenza di molti disturbi fisici in anamnesi, iniziati prima dei trent’anni di età, avvertiti per molti anni, che hanno causato ricerca di cure mediche e significative disfunzioni psicosociali ; la presenza di dolore in almeno quattro localizzazioni corporee o funzioni fisiche diverse ( testa, addome, schiena, mestruale e sessuale), almeno due sintomi gastrointestinali (nausea, diarrea, intolleranze alimentari), almeno un sintomo sessuale diverso dal dolore (disfunzione erettile, anedonia sessuale), almeno un sintomo pseudonerologico (parestesie, afonia, ritenzione urinaria, amnesia). I sintomi non sono spiegabili da una condizione medica nota o l’eventuale presenza di quest’ultima non spiega l’entità della sintomatologia.
L’ICD-10 propone come criteri diagnostici la presenza di sintomi multipli e variabili della durata di almeno due anni , che spingono il paziente alla consultazione medica ripetuta (almeno tre volte); il rifiuto persistente di accettare le rassicurazioni mediche; almeno sei sintomi in almeno due gruppi separati di sintomi gastrointestinali (dolore, nausea, bocca amara, vomito), cardiovascolari, urogenitali, dermatologici e algici.
Sono stati sviluppati approcci terapeutici che affrontando il problema della somatizzazione utilizzando tecniche diverse (psicodinamiche, psicoanalitiche, cognitive, comportamentali) all’interno di un più generale punto di vista bio-psico-sociale. In questo modo i sintomi vengono valutati alla luce della personalità del paziente, del suo periodo di sviluppo, della sua situazione psicosociale attuale e dei “vantaggi” primari e secondari determinati dalla condizione di malattia (Urpe M., 2005).
A cura della dott.ssa Maria Monica Ratti
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Bibliografia
- American Psychiatric Association. Diagnositc and Statistical Manual of Mental Disorders., Fourth Edition, Text Revision (DSM-IV-TR) Washington Dc, American Psychiatric Association (2000)
- Trombini G., Baldoni F., Psicosomatica, Il Mulino (1999)
- Trombini G., Baldoni F., Disturbi psicosomatici , Il Mulino (2011)
- Urpe M., Pallanti S., Lotti ., Psychosomatic factors in dermatology. Dermatologic Clinics (2005)
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